E ancora fresco di stampa il terzo romanzo storico di Giovanni
Raminelli, che conclude la triade di vicende ottocentesche ambientate in quel
di Serravalle e nei paesi limitrofi sia papalini che assoggettati al regno
lombardo-veneto. I primi due romanzi sono stati presentati in varie sedi, e
sempre accolti con favore dagli ambienti culturali ferraresi e rodigini. Ora la
saga volge al termine con un titolo che incuriosisce: come è stato possibile
giungere a dei sacrilegi realizzando fritture?
L'autore, nel tessere la trama di questa sua ultima fatica, utilizza
alcuni dati ricavati da fatti realmente accaduti negli ambienti dell'abbazia di
Serravalle, ma trasfigurati e riproposti con uno stile ricco di dialoghi, di
salaci battute dialettali, di situazioni tragicomiche. Ma non solo. Nello
scorrere della narrazione, ecco altre vicende da ritenersi decisamente
ragguardevoli: l'osteria e i suoi avventori, le sganzèghe di fine mietitura, il facitor
di bambole, il ricco possidente agrario padre-padrone, la figlia negletta,
le comari sadicamente linguacciute.
Al lettore il compito di immergersi in un testo indubbiamente
piacevole. Il percorso narrativo, sempre scorrevole e ricco di colpi di scena,
si snoda dunque fra personaggi veritieri ed altri inventati. Il quadro che ne
scaturisce delinea le vicende di una variopinta umanità segnata dal Po, dalle
fatiche del vivere quotidiano, dalle tradizioni civili e religiose, e da
rapporti non sempre facili fra i residui di un paternalismo nobiliare d'altri
tempi e una classe popolare e borghese sempre più protagonista delle storie,
che tanta parte hanno avuto negli avvenimenti del biennio 1838-1839 e negli
anni immediatamente preparatori dell'unità nazionale.
Il testo si conclude con l'uscita di scena del conte Leopoldo, raro,
isolato esempio di umanità, di saggezza e di profonda fede. Raminelli - come
già detto - non rifugge dalle citazioni dialettali, talune ormai desuete ma
sempre gustosissime, che imprimono una vivace dinamica alle azioni, ai
pensieri, ai sentimenti dei personaggi che ben rappresentano le genti di
quell'epoca. Un romanzo di 102 pagine da leggersi d'un fiato che l'autore
dedica a quanti amano le storie delle genti di qua e di là dal Po.
(Zan. Di Pac.)